Cookie Consent by Free Privacy Policy website Panorama XIX. L'Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale un progetto di Cristiana Collu con la collaborazione di Chiara Stefani
giugno 28, 2023 - Galleria Nazionale

Panorama XIX. L'Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale un progetto di Cristiana Collu con la collaborazione di Chiara Stefani

Salone Centrale

Preview stampa
28 giugno, ore 11.00
Inaugurazione
28 giugno, ore 19.00 — 22.00

«... In fondo il mondo è intorno a me, non di fronte a me»
Maurice Merleau-Ponty

“Le tecniche di realtà virtuale assistite da computer – con lo sviluppo delle interfacce e dell’interattività – sono un’evoluzione dei sistemi di rappresentazione che affondano le loro radici nei  dispositivi utilizzati nei secoli scorsi per comprendere, scoprire, ampliare e modificare la visione. L’immersione attraverso le immagini consiste nel provocare un’esperienza soggettiva, quella di trovarsi nello spazio costruito dalla presenza e dalla disposizione delle immagini.
Benvenuti nella realtà reale.

All’inizio del secolo, i dispositivi per la visione panoramica erano ancora abbastanza rudimentali. I panorami, opere pittoriche che rappresentavano paesaggi o eventi storici su vasti supporti circolari, venivano dipinti su tele montate su strutture cilindriche. Gli spettatori si posizionavano al centro della struttura e potevano ammirare il panorama in tutta la sua grandezza. Tuttavia, questi dispositivi richiedevano uno sforzo immaginativo considerevole da parte dello
spettatore per immergersi nell’opera.

Con l’avanzare della tecnologia, emersero nuovi dispositivi che miravano a creare un’esperienza più coinvolgente. Uno dei più famosi fu il diorama, ideato da Louis Daguerre e Charles-Marie Bouton. Il diorama combinava l’uso di luci, trasparenze e ombre per creare
un’illusione di profondità e realismo. Tuttavia, fu solo con l’avvento della fotografia e, successivamente, del cinema che l’esperienza panoramica raggiunse un nuovo livello di immersività. Nel corso del tempo, la tecnologia cinematografica permise di andare oltre l’immagine fissa e di
creare esperienze immersive ancora più coinvolgenti.

Oggi, nel XXI secolo, le esperienze artistiche immersive continuano a evolversi con l’uso delle nuove tecnologie digitali. La tecnologia dei visori per la realtà virtuale (VR) ha trasformato il modo in cui le persone interagiscono con il mondo digitale.
Il metaverso è la nuova frontiera nell’ambito delle esperienze digitali immersive. Un ambiente condiviso in cui le persone possono interagire tra loro e con le cose in tempo reale. È un’esperienza che va oltre la semplice realtà virtuale, consentendo agli utenti di creare e personalizzare il proprio avatar e di esplorare ambienti complessi. È esattamente quello che accade quando si visita fisicamente la #mostra Panorama XIX alla Galleria Nazionale”.

Cristiana Collu, Direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea


La #mostra Panorama XIX. L’Ottocento nelle collezioni della Galleria Nazionale, un progetto di #cristianacollu con la collaborazione di #chiarastefani, propone una selezione di opere delle collezioni della Galleria Nazionale che riflette da una parte il processo di graduale accumulo che ha dato origine alle collezioni dell’Ottocento del museo – acquisite da privati, presso le Esposizioni Nazionali, le Promotrici d’Arte e le Biennali di Venezia, provenienti da lasciti testamentari o donazioni – e che rivela dall’altra la varietà e commistione tra i generi di un secolo che apre alla modernità.
Dopo la camera oscura, lo specchio Claude, le lanterne magiche e gli stereoscopi, il diciannovesimo secolo ha voluto esprimere – anche attraverso l’illusionismo dei panorama – la complessità dei processi della visione che concorreranno alla nascita del cinematografo.

Il Salone Centrale accoglie la #mostra con oltre 200 opere, tra dipinti e sculture, che vengono oggi esposti per dare forma a un nuovo capitolo di Time is Out of Joint. Opere video ed estratti cinematografici completano l’esposizione, tra cui il film Il Gattopardo di Luchino Visconti.

Si ringrazia per il supporto alla realizzazione della #mostra Titanus e il Presidente Guido Lombardo, insieme all’Istituto Polacco di #roma, Medusa Film e la Fondazione Bernardo Bertolucci.


Panorama XIX
di Chiara Stefani

“Cesseranno così […] le polemiche, le proteste e le accuse rivolte alle competenti autorità d’aver sottratto per molti anni all’ammirazione del pubblico un notevole quantitativo di quadri e molte statue del periodo ottocentesco per dar posto alle opere degli avanguardisti acquistate nelle grandi esposizioni durante questi ultimi anni”.

Quelle che leggo non sono le bozze di un articolo che, con simili accenti, potrebbe uscire oggi o domani a proposito della #mostra che stiamo per inaugurare, bensì alcune righe tratte da una pagina de Il Messaggero di #roma del 17 novembre del 1949 dedicata a “Le nuove sale della Galleria
d’Arte Moderna” – ovvero al riordinamento delle collezioni voluto da #palmabucarelli tra il 1948 e il 1950 - con il sottotitolo “Torna l’Ottocento a Valle Giulia”.

Anche oggi - e con non celato orgoglio - potremmo dire che Torna l’Ottocento a Valle Giulia, anche se, in realtà, le opere del XIX secolo non hanno mai abbandonato la Galleria Nazionale, nonostante la loro presenza discreta all’interno del percorso di Time is out of joint del quale la #mostra attuale è parte integrante. Dall’ottobre del 2016 solo temporaneamente le opere dell’Ottocento hanno lasciato la loro sede abituale, per raggiungere sedi di prestigio, in occasione di mostre organizzate in tutta Italia e da musei europei e oltre Oceano che hanno cominciato ad includere il nostro XIX secolo nel contesto dei loro progetti espositivi: da Parigi a Madrid, da Assen a Praga, da New York a Pechino.

In questi anni possiamo affermare che il nostro Ottocento – viaggiando - abbia lavorato per sé stesso e per tutti noi. Una sostenuta negoziazione di scambi, accompagnata da una politica di loan fee, ha consentito di intraprendere restauri delle opere del XIX secolo, accompagnati spesso da indagini diagnostiche: si veda, per esempio, il caso della grande tela de I Vespri Siciliani di Franceso Hayez – attualmente esposta nel terzo settore della Galleria Nazionale, le cui cromie hanno ripreso la vivacità originale e nella quale i pentimenti dell’artista appaiono ora visibili ad occhio nudo. Ugualmente è avvenuto per il Ritratto del principe Alexandr Ivanovič Barjatinskij di Horace Vernet, in procinto di partire per la nuova esposizione monografica che sarà dedicata all’artista a
Versailles, o per la restituita cornice giapponista de Il fischio del vapore di Adolfo Tommasi.

Il nostro Ottocento è servito poi come pietra di paragone per tanti falsi circolanti sul mercato: le perizie richiesteci dai tribunali italiani ci hanno consentito, in un caso, di acquisire una copia di inizio Novecento de Le tentazioni di Sant’Antonio di Domenico Morelli, e le analisi diagnostiche effettuate in quell’occasione ci hanno permesso di visionare palmo a palmo la tela, rivelando un pentimento dell’artista, replicato poi con esattezza dal suo imitatore.

Nelle ricorrenze annuali della Giornata del Paesaggio o delle Giornate Europee del Patrimonio, ho sempre cercato di illustrare opere dell’Ottocento all’interno di conversazioni aperte al pubblico, riscontrando ogni volta attenzione e curiosità anche tra i più giovani. Nell’interesse pubblico, mi
auguro che questo nuovo allestimento possa portare a una revisione della policy di acquisti da parte del Ministero della Cultura, il cui Piano per l’Arte Contemporanea - previsto dall’Art. 3 della Legge 29/2001 - ha di fatto creato una sproporzione all’interno di una istituzione come la Galleria Nazionale tra acquisti di opere del XXI secolo e opere dei due secoli precedenti.

Eppure si è parlato di long Nineteenth Century per un secolo i cui termini storici non possono essere compresi tra il 1801 e il 1900, ma sicuramente arretrati al 1789 e protratti fino al 1914. É a questa forbice temporale che ci siamo attenuti nel corso di questo allestimento, all’interno del quale l’opera più antica è la tempera di #mariannadionigi che guarda ancora alla tradizione seicentesca del paesaggio classico – a Claude Lorrain più che a Nicolas Poussin -, mentre Aqua fontis di #leonardobazzaro rilegge, nel 1910, con taglio da istantanea fotografica, il motivo antichissimo della donna alla sorgente. 

Non possono non tornarci alla mente le parole di un articolo dal titolo “Epurazione a Valle Giulia”, pubblicato su Il Tempo, sempre a proposito dell’allestimento di #palmabucarelli: “Ma come un ordine in ogni cosa ci vuole, noi pensavamo, osservando i bei ritratti degli Agricola e Landi e Palagi ed Appiani, allineati nella prima sala, che quest’ordine nuovo fosse cronologico. Ma allora un Domenico Induno in che modo potrà stare di fronte ai Tommasi, ai Cannicci, ai due Gioli e accanto al D’Orsi scultore? Fatto è che qua dentro vedi i più impensati accostamenti e gli squilibri più irragionevoli tra pittore e pittore, tra quadro e quadro: numerici e di proporzione”. 

E forse qualcuno si pronuncerà, tra oggi e domani, negli stessi termini: “Che mirabile, studiata confusione!”. Anche noi, disponendo i dipinti sulle pareti, abbiamo replicato qualche accostamento forse precedentemente impensato. Ma è stata la natura stessa di alcune opere che ci ha portato ad accostare sulla parete, e prima ancora mentalmente, un Giacomo Balla a un Michele Gordigiani, entrambi debitori rispetto a quella tradizione della conversazione di artisti nell’atelier che risale a Henri Fantin-Latour con il suo Hommage a Delacroix, esposto al Salon del 1864. Ed è così che il Ritratto di Teresa Maglione Oneto (1879) di Domenico Morelli vi apparirà affiancato dal Pier Damiano e la contessa Adelaide di Savoia (1887) dell’allievo Salvatore Postiglione che, a
quasi vent’anni di distanza, rimedita nei volti ridenti delle monache in secondo piano tanti studi a penna su carta del maestro: non a caso la sua grande tela (300x150 cm.) fu acquistata dallo Stato proprio su suggerimento di Morelli. 

Lasceremo a voi paragonare la vena sentimentale, non esente da un certo patetismo, del Refugium Peccatorum del veneto Luigi Nono (1882) con la composta e coeva Apparizione della Vergine ai Santi Bonaventura e Francesco (1882) del bolognese Luigi Serra; la monumentalità delle figure di grandezza naturale de Il merciaio ambulante del fiorentino Egisto Ferroni (1882), a cospetto di quella del Il corpo di Luciano Manara a Santa Maria della Scala a #roma (1884) del piemontese Eleuterio Pagliano. Non torneremo qui sull’annosa questione dell’opportunità o meno di esporre i bozzetti – che abbiamo inserito tra i dipinti di grande formato - con buona pace di Roberto Papini e forse con il plauso di Lionello Venturi e di #palmabucarelli.

A lei che deplorava l’eccessiva abbondanza di opere dell’ultimo ventennio dell’Ottocento – la cui presenza, come noterete, è superiore rispetto ai decenni precedenti del secolo anche in questo allestimento – possiamo solo idealmente rispondere ricordando il regio decreto (n.225) del 12 maggio del 1881 che riconosceva “la necessità di creare una Galleria d’arte moderna” e il successivo decreto (n.1526) del 26 luglio del 1883 che ne sanciva l’istituzione, al fine di riunire “lavori eccellenti … senza distinzione di genere o di maniera”.

La nostra selezione, al pari di quelle che si sono succedute “in media ogni quindici anni” tra il 1915 e il 1999 (M.V.Marini Clarelli), e poi nuovamente a distanza più ravvicinata - nel 2011 e nel 2016 –, ha inevitabilmente dovuto fare i conti con la selezione operata dalla storia, privilegiando nel contesto di questo secolo lungo le eccellenze che integrano la serie di opere già esposte nel percorso di Time is out of joint.

A voi la offriamo oggi con piacere