Cookie Consent by Free Privacy Policy website Proteggere il pianeta, aprirsi possibilità di business - FabLab & stampa 3D: strumenti per una nuova sostenibilità
giugno 09, 2015 - Tispress

Proteggere il pianeta, aprirsi possibilità di business - FabLab & stampa 3D: strumenti per una nuova sostenibilità

«Siamo quasi arrivati al punto che, per estrarre un barile di petrolio, consumiamo un barile di petrolio: è chiaro che siamo sulla strada sbagliata». Il professor Wolfgang Heckl, direttore generale del Deutsches Museum di Monaco di Baviera lo ha detto chiaro e tondo il 5 giugno 2015 durante il suo intervento al TIS innovation park: se non impariamo a riparare le cose non riusciremo a rompere il circolo vizioso dello spreco delle risorse e della sovrapproduzione di biossido di carbonio. Heckl ha parlato durante l’evento “60 minutes for… Repairing & Making” organizzato dai due Centri del TIS dedicati a Free Software & Open Technologies e a Sviluppo Prodotto & Nuove Tecnologie. Il secondo relatore della serata è stato Alessandro Ranellucci di Roma.

A favore del sostegno di una nuova cultura della riparazione parlerebbero, secondo Heckl, non solo delle considerazioni ecologiche, bensì anche il fatto che pensiero analitico e comprensione tecnica verrebbero addestrate attraverso l’atto di riparare i beni di consumo rotti.

Da Bolzano al vertice del G7

«Riparare è, soprattutto per i giovani, un buon esercizio per analizzare i problemi e per imparare come trovare soluzioni strutturate» ha affermato Heckl; l’esperto dopo il suo intervento è andato al G7 dove, su invito della Cancelliera tedesca Angela Merkel, ha parlato a Barack Obama, James Cameron, Matteo Renzi & Co.

In fin dei conti “riparare“ innesca – secondo Heckl – una grande gioia, che diventa ancora più grande quando la riparazione riesce. «Riparare rende indipendenti e felici e così contribuisce a condurre una vita più felice e più autodeterminata». 

Pezzi di ricambio per passeggini e cinghie dentate dalla stampante 3D

Alessandro Ranellucci, sviluppatore di software e protagonista della scena “maker” italiana, ha sottolineato poi nel suo intervento le potenziali possibilità di business che possono nascere attraverso la riparazione o la trasformazione di prodotti difettati. Specialmente le stampanti 3D sarebbero strumenti importanti nel ridare nuova vita ai prodotti rotti o nel crearne di nuovi partendo da vecchi beni di consumo.

Per esempio attraverso la stampa di un pezzo di plastica andato rotto, un passeggino potrebbe essere messo di nuovo in uso invece di essere buttato via. Anche un vecchio computer Olivetti degli anni ’70 adesso compie ancora il suo dovere, visto che si è potuto stampare semplicemente una cinghia dentata che era andata persa. Senza stampante 3D, la cinghia sarebbe dovuta arrivare dagli USA: questa soluzione, a prescindere dal tempo di attesa, avrebbe comportato anche trasporti non necessari e quindi una produzione eccessiva di biossido di carbonio.

Protesi per le mani uscite da un FabLab

Anche per scopi medici la stampante 3D sarebbe una tecnologia avveniristica, ha affermato Ranellucci. Già ora si possono stampare pezzi di protesi, per esempio. E Ranellucci ha raccontato la storia di un giovane francese che, dopo aver perso una mano in un incidente, era entrato in profonda depressione fino a quando non si è rivolto ad un FabLab nelle sue vicinanze: qui ha potuto ricostruirla e adesso dispone di una mano che si è autoprodotto e auto disegnato e che gli ha restituito in grande parte la qualità della vita che aveva prima.

Sia Heckl che Ranellucci hanno espresso l’augurio che a Bolzano nasca un Repair-Cafè e Walter Weissensteiner, responsabile del FabLab al TIS innovation park, ha promesso che prenderà le opportune misure affinché ciò si avveri ancora quest’anno. Questo modo di pensare sostenibile, su questo concordano i due relatori, avrebbe buone prospettive per il futuro: tutela le risorse e apre a nuove possibilità di business, che il pianeta Terra potrebbe continuare a sopportare anche tra 40 anni. «Perché» ha concluso Heckl «non abbiamo nessun piano B per la Terra, visto che non abbiamo un pianeta B».

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