Cookie Consent by Free Privacy Policy website Per la Mitica 2CV l'ultimo raggio di … “Soleil” - Citroën Italia e la sua “mission impossible”: far nascere una serie speciale mai nata!
maggio 11, 2015 - Citroen

Per la Mitica 2CV l'ultimo raggio di … “Soleil” - Citroën Italia e la sua “mission impossible”: far nascere una serie speciale mai nata!

Sembra un paradosso, ma è la realizzazione di un sogno nel cassetto di un grande artista che ha ricoperto un ruolo importante nella storia della mitica 2CV. È un esemplare unico, come unica è sempre un'opera d'arte. Due i protagonisti della storia: Serge Gevin, artista, designer, grafico francese, e la 2CV. Una piccola, economica, robusta vettura ideata da Pierre-Jules Boulanger, a capo di Citroën negli anni Trenta, che così la sintetizzò ai suoi progettisti: “Voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capace di trasportare una coppia di contadini, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”. Era il sintetico, colorito capitolato della futura 2CV, cui lo stilista varesino Flaminio Bertoni (uno dei tre padri della futura DS) conferirà quella linea così caratteristica, così carica di simpatia che contribuirà a fare di questo modello una delle icone della storia dell'automobile. A partire dagli anni Cinquanta la piccola Citroën era entrata nel cuore dei francesi e ciascuno la personalizzava secondo il proprio gusto. Perché la “Deuche” (contrazione di Deux Chevaux, ovvero Due Cavalli), come era stata soprannominata, non era una semplice autovettura: era una tavolozza su cui disegnare se stessi, i propri sogni, il proprio immaginario. Una tavolozza troppo invitante per non interessare il fantasioso Serge Gevin, titolare dell'agenzia Pink che si occupava dello studio dell'allestimento degli stand Citroën nelle manifestazioni più importanti. Per certi versi ricordava Flaminio Bertoni: un artista geniale “imprestato” al mondo produttivo. Proprio da un'idea artistica di Serge Gevin nacque, quasi per gioco, la prima serie speciale della 2CV, denominata Spot, la cui carrozzeria bianca – arancio riprendeva i motivi tipici delle sedie da spiaggia. Da questa versione derivò negli anni Ottanta la 2CV Charleston, declinata nelle scale cromatiche nero/giallo, nero/rosso, doppia tonalità di grigio. Al vulcanico Serge Gevin si devono serie speciali Citroën di grande successo come la Dyane Caban, la Visa Sextant, la 2 CV Dolly … ed altre ancora. È rimasta invece nel cassetto dei sogni dell'artista una 2CV davvero particolare, che lo stesso artista ci ha recentemente raccontato: “Deve essere bianca e gialla. La scocca bianca, i parafanghi gialli, così come il cofano posteriore e la capote. I paraurti devono essere bianchi, come le scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote. Sul bagagliaio c'è il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da marinaio ed una pipa. Guardandola, si deve pensare al cielo, al mare, al sole, alla gioia di vivere”. Una 2CV che Citroën Italia ha realizzato con la supervisione di Gevin in persona, partendo dalle “ceneri” di una 2CV Club del 1982. Un raggio di … Soleil per illuminare la lunga e gloriosa storia della piccola Deuche.

CITROËN 2CV: UNA TAVOLOZZA SU CUI DIPINGERE I PROPRI SOGNI A QUATTRO RUOTE

La piccola bicilindrica Citroën è tra i pochi oggetti industriali che sono divenuti icona del panorama europeo. Le sue origini vanno ricercate alla metà degli anni '30, quando un signore di nome Pierre-Jules Boulanger si concesse un periodo di vacanza in Auvergne. Boulanger aveva affrontato un'impresa piuttosto difficile: tra il 1935 e la prima metà del 1936, era stato chiamato a raddrizzare i bilanci della Citroën che nel 1934 aveva rischiato la bancarotta per realizzare la rivoluzionaria Traction Avant, la vettura che incarnava il sogno industriale del fondatore André Citroën. Boulanger c'era riuscito: l'azienda era in attivo e lui poteva finalmente rilassarsi. Per farlo, scelse di trascorrere qualche giorno in Auvergne, regione vulcanica della Francia celebre per la fertilità dei suoi terreni e quindi dedita essenzialmente all'agricoltura. Per scoprire che in Auvergne quasi nessuno possedeva un'automobile Boulanger ci mise un istante! Fu allora che prese uno dei suoi quadernini Moleskine, rigorosamente di colore nero, e vi scrisse “voglio quattro ruote sotto ad un ombrello, capaci di trasportare una coppia di contadini, cinquanta chili di patate ed un paniere di uova attraverso un campo arato. Senza rompere un uovo”. Aggiunse anche un sacco di altre cose: su quanto doveva essere economica, semplice, affidabile e sicura. Poi tornò in azienda e consegnò il suo taccuino al suo miglior progettista, il geniale André Lefebvre, cui affidò l'incarico di tracciare le linee dell'auto che avrebbe dovuto sostituire la coppia di cavalli che ogni contadino usava per trasportare le sue cose. Nacque così, nel 1939 la TPV (trés petite voiture, auto piccolissima) di cui Boulager fece costruire 250 diversi prototipi. Si narra, che il giorno in cui si recò alla pista prove di Citroën per visionare il lavoro dei suoi progettisti, Boulanger avesse con se una grossa busta. Arrivato davanti al primo prototipo, si tolse il suo Borsalino ed indossò un grosso cappello da contadino che aveva comprato in Auvergne. Tutti i contadini che lui aveva visto, avevano lo stesso cappello e non se lo toglievano mai, neanche per guidare il carro con cui portavano le proprie mercanzie. Boulanger salì sul primo prototipo. Il cappello cadde. Cadde così anche il prototipo. Alla fine, ne rimasero una manciata. Tra quelle fu scelta la TPV per la produzione. La TPV del 1939 era francamente brutta: Boulanger aveva chiesto funzionalità più che bellezza. Aveva dei curiosi finestrini anteriori, divisi a metà orizzontalmente. La metà superiore restava fissa, quella inferiore si ribaltava verso l'alto, permettendo al contadino di mettere fuori il braccio per... indicare la direzione dove voleva svoltare. Così si faceva sui carri con i cavalli e in quell'epoca le luci direzionali (le frecce!) erano ben poco diffuse. Siamo arrivati al 1940 e sull'Europa si addensano minacciose le nuvole della Seconda Guerra Mondiale. Le truppe naziste aggirano la linea Maginot e valicano il confine con la Francia. Lo stesso giorno Boulanger da l'ordine di distruggere tutti i prototipi della TPV perché non cadano nelle mani dei nazisti (si scoprirà solo negli anni '80 che tre prototipi sono fortunosamente sopravvissuti, nascosti sotto al tetto di paglia di un edificio del centro prove Citroën). Cinque lunghi anni passeranno prima che l'Europa trovi la pace, cinque anni durante i quali i progettisti Citroën continuano a lavorare (c'è da fare anche la DS, oltre alla 2CV!) e sperimentare soluzioni nuove. Nel 1945 Boulanger (finalmente!) si decide a dare alla futura 2CV un aspetto più... gentile e convoca lo stilista italiano Flaminio Bertoni cui affida il compito di rendere più gradevole l'aspetto della TPV. Bertoni (che ha disegnato la Traction e più tardi farà anche DS e AMI6) ci riesce. Fa di più: dona alla 2CV una delle sue principali caratteristiche, quella carica di simpatia che da lì in avanti ne caratterizzerà l'aspetto. La 2CV del 1948 costa un po' di più di una coppia di equini, ma infinitamente meno di qualsiasi altra autovettura, poi di contadini ne trasporta ben quattro, assieme alle loro uova e patate. La sospensione, semplice e geniale, è eccellente e le uova possono felicemente attraversare i solchi del campo arato senza diventar frittata prima del tempo. Ma per gli standard del 1948 l'aspetto è comunque troppo moderno, al punto di risultare sconcertante e molti giornali tuonano contro Citroën: “nessuno comprerà mai un'auto così”. Si sbagliano. E di grosso: il successo è talmente grande da stupire per primo il costruttore, che non riesce ad accontentare tutte le richieste! Viene subito diramata una circolare ai Concessionari che devono accettare ordinativi solo da chi dimostri di non potersi permettere un'auto “normale”. I primi clienti saranno quindi i contadini di Boulanger, i curati di campagna, i veterinari, i maestri di scuola. Gente che deve spostarsi ma che non ha i mezzi per comprare una Traction Avant, neanche la più economica. Anche così, la lista si allunga in maniera spaventosa e dopo pochi giorni dalla presentazione la lista d'attesa raggiunge... due anni e mezzo! Come ogni Citroën, la 2CV non ha mai smesso di evolversi. Il motore da 375cc di cui era dotata (due cavalli fiscali, ça va sans dire) è presto passato a 425cc, per poi essere sostituito alla fine dei '60 da un'edizione completamente nuova declinata in due versioni di 435 e 602cc, quest'ultimo è stato prodotto (assieme alla 2CV) fino al 27 luglio 1990! Oltre cinque milioni tra 2CV e derivate sono state prodotte dalle fabbriche Citroën tra il 1948 ed il 1990. Hanno fatto tutto e sono state dappertutto: dai deserti africani (attraversati anche con incredibili raid di massa) alle vette andine, dalle campagne dell'Auvergne ai Paesi dell'Africa centrale. Ovunque la piccola Citroën ha svolto le sue mansioni, accompagnando (senza fretta) generazioni di viaggiatori, spiantati e sognatori, alla scoperta delle meraviglie del pianeta. La 2CV è la giovinezza del mondo!

PRODUZIONE 2CV E DERIVATE

L'assemblaggio della piccola di casa Citroën ebbe inizio nel 1948 nella fabbrica parigina di Levallois, non troppo distante dallo stabilimento di Quai de Javel dove veniva assemblata la Traction Avant ed il furgone HY. La produzione industriale della 2CV ebbe però inizio nel settembre del 1949 ed il primo modello, il tipo “A”, con motore di 375cc, fu assemblato sino al novembre del 1960 in 128.685 unità. Nel frattempo, nell'ottobre del 1954, era partita la produzione del tipo “AZ” (comprendente le versioni AZL, AZLM, AZA, AZAM, AZA ed AZA Export) con motore 425cc, costruite in 1.732.798 unità, sino al febbraio 1970. Nel febbraio del '70, arrivava il nuovo tipo AZA2 (anche AZ-KB e Spécial), con motore 435cc, noto commercialmente come 2CV4, prodotto in 548.038 esemplari sino al settembre del 1978. Sempre a febbraio 1970 ha inizio la produzione di modelli con motore 602cc (tipo AZ-KA) di cui verranno assemblati 1.458.465 pezzi sino al 27 luglio del 1990, quando l'ultima 2CV esce dalle catene di montaggio di Mangualde. Completano il quadro di produzione della 2CV le 694 bimotore (4x4 Sahara) costruite tra il dicembre del 1960 ed il luglio del 1966. In totale, le 2CV assemblate sono state 3.872.583 in versione berlina, cui vanno aggiunti 1.246.306 pezzi tra veicoli commerciali e derivati. Nata a Lavallois, la 2CV, nelle sue molte versioni e derivate, è stata assemblata anche in Belgio, Inghilterra, Portogallo, Cile, Iran, Costa d'Avorio, Argentina e Vietnam. Dalla 2CV hanno avuto origine i veicoli commerciali tipo furgonetta AZU e AK, l'AMI6 berlina e break, la Dyane, la Méhari, l'AMI8 berlina e break, l'AMI Super e la M35 (quanto a telaio), la LN (motore) e la furgonett Acadiane. Una famiglia di veicoli così ampia e variegata che è stata costruita sino al luglio del 1990, adatta alle esigenze degli automobilisti di mezzo pianeta, dall'Africa alle Americhe, dal Medio Oriente all'Indocina, costruita sulla base di un unico progetto di assoluta genialità

SERGE GEVIN: UN ARTISTA “IMPRESTATO” AL MONDO DELL’AUTO

Serge Gevin ha cominciato la sua carriera come pittore decoratore. I suoi clienti? Citroën e Olivetti, per dirne due, marchi connotati storicamente dalle idee dei loro fondatori: André Citroën e Camillo Olivetti, e dal legame strettissimo che avevano impostato con il mondo degli artisti, dei designer e dei grafici. L'agenzia di Gevin, la Pink, si occupava degli stand di questi due prestigiosi Marchi nei saloni delle esposizioni dell'automobile e delle macchine per ufficio, in giro per il mondo. Erano gli anni '60, sembrava che da lì a breve la fantasia sarebbe arrivata al potere e le auto (specialmente le Citroën) rispecchiavano quel particolare momento storico. Inoltre, la collaborazione tra la Pink e Citroën passava attraverso un genio della comunicazione di nome Bob Delpire: un farmacista prestato alla pubblicità, un uomo che faceva del gusto e della fantasia le sue bandiere verso cui orientare la sua intera attività di editore e di pubblicitario, con un fiuto eccezionale per la creatività. Un mix fantastico, insomma, che si trovò ad operare nella Parigi di quegli anni, tra avanguardia, psichedelica ed uso creativo del colore sulla più eclettica delle automobili di quel tempo (e forse della storia), la 2CV, nata prima della seconda guerra mondiale e poi lanciata nel 1948 e che (già allora) era divenuta parte integrante del panorama francese. Impossibile immaginare una foto di Parigi degli anni '60 (ma anche '70, '80, '90...) senza una 2CV. La “deuche”, come i francesi vezzosamente chiamavano la piccola di casa Citroën, era ormai nei cuori di tutti e ciascuno la personalizzava trasformandola in ciò che voleva. Non era più una semplice autovettura: era una tavolozza su cui disegnare se stessi, i propri sogni, il proprio immaginario. Da questi ingredienti unici, quasi per gioco, nacque la proposta di Serge Gevin per la prima serie speciale della 2CV: si chiamava Tréfle ed era una 2CV gialla con i parafanghi neri: voleva rendere omaggio agli anni '20 riprendendo le tinte della piccola 5HP, detta Tréfle (trifoglio) per la particolare disposizione dei suoi tre sedili, prodotta da André Citroën nel 1923 con uno spirito non dissimile da quello della 2CV: essenzialità, stile e fantasia. La 2CV Tréfle non fu prodotta in serie, oggi abbiamo solo le foto del prototipo, ma poco tempo dopo Serge Gevin propose una nuova serie speciale: la Transat (sedia a sdraio, in italiano) che, bianca e arancio, riprendeva i motivi a strisce tipici delle sedie da spiaggia. Il nome fu cambiato (tornerà più tardi per un'altra serie speciale della 2CV) ma l'idea stavolta venne approvata e nacque così la 2CV Spot che riscosse tanto successo da andare esaurita nello spazio di pochi giorni! Dal progetto della Tréfle nacque nel 1980 la Charleston, declinata in due scale cromatiche: nero/giallo (come la Tréfle) e nero/rosso (ancora colori tipici della Tréfle). Più avanti arrivò anche una elegante versione in due toni di grigio. Gevin lavorava giorno e notte per arrivare esausto al mattino in Citroën a proporre nuove serie speciali. Moltissime furono approvate e nacquero grandi successi come Dyane Caban, Visa Sextant, la 2CV Dolly (uscita in molte combinazioni) ed altre ancora. Qualche progetto però rimase nei cassetti dell'artista: magari in quel momento c'era già una diversa serie speciale che si vendeva benissimo, oppure quella determinata proposta non incontrava i gusti di qualche dirigente. E' il caso di una 2CV particolare, forse la preferita da Serge Gevin, che non fu mai costruita neppure a livello di prototipo: una 2CV dedicata al mare, ai grandi spazi, alla gioia di vivere in libertà, ovvero tutto ciò che si può facilmente fare a bordo di una 2CV! “Deve essere bianca e gialla. La scocca bianca, i parafanghi gialli, così come il cofano posteriore e la capote”. E' Gevin che parla: lo scorso febbraio ci ha raccontato il suo sogno mai realizzato. “i paraurti devono essere bianchi, come le scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote. Sul bagagliaio c'è il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da marinaio ed una pipa. Guardandola, si deve pensare al cielo, al mare, al sole, alla gioia di vivere”. Così, nell'ambiente incredibile del suo studio personale, immerso in un giardino verde anche nel freddo febbraio di Malakoff, nei sobborghi di Parigi, rinasce il sogno di un uomo la cui storia è legata a doppio filo a quella della 2CV: rifare oggi una 2CV mai nata, (ri)costruire un sogno.

SERIE SPECIALE CITROËN 2CV “SOLEIL”

Per prima cosa si tracciano su carta le linee di una 2CV Club dei primi anni '80, il modello che Gevin aveva scelto per la sua serie speciale e dell'anno giusto. Poi si aggiungono i colori e si immaginano i disegni. E' bellissima. Gevin è un genio! Poi arriva un plico a casa di Marcello Sandi del Club Bicilindriche Italia di Lodi, amico di Gevin: l'artista in persona ha realizzato non solo i figurini, ma anche i disegni per le fiancate e il bagagliaio! Secondo passaggio: scelta dell'esemplare su cui lavorare e processo di restauro sono affidati all'Atelier 2CV di Bareggio, vicino a Milano. Il titolare, Guido Wilhelm, viaggia in 2CV da quando era un ragazzo e conosce il modello nei minimi dettagli. D'accordo con Guido, viene presa la decisione di non modificare una 2CV già in ordine, ma di salvare una vettura che altrimenti sarebbe stata rottamata. Sulla meccanica di una 2CV Club del 1982, era stata montata la scocca di una 2CV Charleston più recente, ma la corrosione e l'incuria avevano ridotto l'auto ad un ammasso di lamiere arrugginite ed anche il telaio presentava seri problemi di corrosione. Per la meccanica la scelta è facile: smontare tutto, salvare ciò che non ha tracce d'usura e rimpiazzare tutto il resto con pezzi nuovi, possibilmente d'origine Citroën. La struttura della 2CV è un piccolo capolavoro dell'ingegneria del '900. Pensata da André Lefebvre, progettista aeronautico prestato all'automobile e “padre” anche della DS e della Traction Avant, la 2CV è basata su un telaio costituito da una scatola centrale in lamiera irrigidita da tramezzi. Ai quattro angoli della “scatola” sono fissati i bracci (indipendenti) della sospensione, collegati longitudinalmente due a due da tiranti che li legano a due molloni centrali. Due estensioni sono fissate davanti e due dietro. Le anteriori sostengono il motore (e, dietro, la scatola guida) oltre al paraurti davanti; le due posteriori sostengono il serbatoio del carburante ed il paraurti posteriore. (vedi foto 1) La carrozzeria è costituita da una scocca imbullonata al telaio su cui sono fissati (come elementi facilmente amovibili) i quattro parafanghi ed il cofano anteriore. Un restauro accurato non può prescindere dallo smontaggio di tutti questi componenti per un'ispezione e per un accurato risanamento. La 2CV è nata come mezzo di spostamento economico e sicuro, come prodotto di consumo destinato ad un ciclo vitale che pur lungo (10/15 anni, all'epoca) non era certo infinito. Negli anni '50 e '60 non esistevano le moderne protezioni anticorrosione ed il nemico numero uno della 2CV (come per tutte le auto del suo tempo) è... la ruggine! Nella 2CV la corrosione si annida spesso dentro agli scatolati del telaio, oltre che sulle lamiere del fondo della scocca. Non è raro che sollecitazioni importanti come scontri con altri veicoli o uscite di strada portino ad una deformazione della parte anteriore del telaio, magari minata dalla ruggine. La 2CV è un'auto leggera che (come diceva Jacques Wolgensinger) è nata per schivare gli ostacoli, non per sbatterci contro! Quindi bisogna partire dall'esame del telaio e dei fondi e l'unico sistema per farlo bene è staccare la scocca dal telaio, smontando così anche tutto ciò che al telaio è fissato, compresi motore e sospensioni. A questo punto è possibile lavorare comodamente sullo chassis, aprendolo per verificarne lo stato interno, sostituendo le lamiere corrose. Oppure cambiandolo del tutto: ancor oggi gli chassis della 2CV e delle sue derivate sono prodotti usando i macchinari di Citroën. L'esame successivo è quello che riguarda la scocca da cui andranno segate via le lamiere eccessivamente intaccate per sostituirle con piani nuovi (vedi foto 2) (anch'essi regolarmente prodotti). Le saldature verranno fatte come all'epoca: per puntatura (vedi foto 3), come veniva fatto nella fabbrica di Levallois, dove questa 2CV è nata più di trent’anni fa. Il motore si apre... a metà, come una mela! (vedi foto 4) Vengono sostituite tutte le parti anche minimamente usurate. Si tratta di un motore semplice ma allo stesso tempo la sua architettura è tra le più sofisticate: un boxer bicilindrico progettato negli anni '40 dall'italiano Walter Becchia e costantemente aggiornato da Citroën con l'uso di materiali e tecnologie sempre più evoluti. Quello della nostra 2CV è l'ultimo tipo, lo stesso che equipaggerà le ultime auto prodotte sino al luglio del 1990, sviluppa circa 35 cavalli di potenza che permettono alla Deuche di sfiorare i 120 km/h. Più che sufficienti per una bella passeggiata in riviera. Il motore della 2CV6 è piuttosto affidabile ma ha (nella migliore delle ipotesi) almeno 25 anni di età e quindi non può che richiedere qualche cura. Si tratta di un motore raffreddato ad aria che se da un lato non presenta le corrosioni tipiche prodotte dal liquido di raffreddamento, dall'altro è soggetto a naturali escursioni termiche che accentuano lo stress del metallo. L'albero motore della 2CV non è revisionabile e nel caso va sostituito, cilindri e pistoni nuovi completeranno la revisione della parte centrale del motore. Le testate possono essere revisionate, con l'eventuale riporto di nuove sedi delle valvole. Queste ultime e le relative guide andranno sostituite. Un controllo all'albero a camme, la sostituzione dei bicchierini della distribuzione ed un accurato rimontaggio precederanno le regolazioni di base da fare prima dell'accensione del motore che sarà pronto così a percorrere altre centinaia di migliaia di chilometri (vedi foto 5). Con il motore pronto, il telaio e la scocca risanati e le protezioni anticorrosione rinnovate, non resta che verniciare le varie parti nelle tinte scelte: la scocca, i parafanghi, le portiere e i cofani. Poi i paraurti, i cerchi ruota e il telaio stesso (vedi foto 6 e 7). Il cambio di velocità è dotato di quattro marce avanti, la quinta sarebbe inutile: la 2CV può marciare a tavoletta in quarta per ore ed ore: non c'è radiatore dell'acqua, non c'è guarnizione della testata ma c’è un radiatore per controllare la temperatura dell’olio. La 2CV è raffreddata ad aria e viaggia in qualsiasi clima: dal Polo all'equatore. Anche qui il restauro è totale: ingranaggi, sincronizzatori, tutto è verificato con il micrometro per ottenere un cambio di velocità assolutamente perfetto. Dopo aver assemblato motore e cambio, è il momento di unire la meccanica al telaio: quattro gomme Michelin 125 X 15 su quattro cerchioni nuovi (tutt'oggi forniti da Citroën) e dipinti in Blanc Meije vengono montate ai quattro bracci del telaio. I freni sono già al loro posto, nuovi anch'essi, ovviamente, come gli ammortizzatori, anch'essi originali Citroën (vedi foto 8 e 9). Infine parafanghi, portiere, cofani e paraurti. La 2CV ha ripreso la sua forma! Ora i finestrini, la capote, le maniglie con le serrature, l'impianto elettrico, il cruscotto, i rivestimenti interni ed i sedili possono trovare la loro collocazione. Infine i fari e le decorazioni. Le regolazioni al motore ed alla geometria delle ruote completeranno l'operazione. La 2CV, (ri)costruita artigianalmente oggi come allora, è pronta a tornare sulle strade d'Europa!

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