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marzo 01, 2024 - renault.group

R5, la belle histoire

Tre anni in un progetto che ha cambiato Renault

Per gli appassionati di automobili  

Giovedì 2 luglio 2020, il giorno in cui tutto è cominciato. La storia di un colpo di fulmine per un mock-up arancione. La storia della nuova R5.

Il giorno prima, quando tutti avevano già la testa in vacanza – niente di più normale dopo settimane di lockdown, distanziamento sociale e vita con la mascherina – ho ripreso la strada per recarmi al lavoro. Con mia grandissima gioia! Dopo essere stato nominato CEO di Renault a gennaio, erano mesi che aspettavo questo momento. Starmene con le mani in mano non è da me. Nel mio caso, la colpa non era del Covid. C’era una clausola nel mio contratto di lavoro secondo cui non potevo passare dal Gruppo Volkswagen, dove dirigevo Seat, ad un competitor senza prendermi una pausa. Mi sono dovuto adattare. Ho cominciato a fare sul serio quando sono entrato nella sede di Billancourt. Ritorno ai vertici dell’azienda dove avevo iniziato la mia carriera nel 1992, dopo aver concluso gli studi all’Università Bocconi di Milano. Renault sta uscendo da un lungo periodo di crisi. Il Presidente Jean-Dominique Senard, che mi ha convocato – che bell’incontro! – ha già avviato il lavoro di rilancio dell’azienda. Ma la sfida si preannuncia alquanto ardua. Perché la transizione verso la mobilità elettrica rimette in discussione 140 anni di certezze fondate sui motori termici.

 In questo interminabile lockdown mi sono tenuto impegnato come ho potuto. Ho letto decine di libri e articoli sull’azienda, ho incontrato una valanga di ex dirigenti e partner che sono venuti spontaneamente a conoscermi. Ho riflettuto tanto. Mi sono fatto, così, una prima idea dei punti di forza e debolezza dell’azienda. Ma, in realtà, ne so ancora poco o nulla. Per me, sono i prodotti il punto nevralgico della guerra. Muoio dalla voglia di sapere su che progetti stanno lavorando i designer di Renault. Soprattutto sul fronte delle auto elettriche. Partendo da questa base, potrò entrare nel vivo dell’argomento, costruire una strategia di rilancio. La mia prima decisione è stata chiedere di presentarmeli.

 

Un mock-up arancione fluorescente

Il giorno dopo aver assunto il mio nuovo incarico, faccio rotta verso il Technocentre di Guyancourt, situato a sud-ovest di Parigi, ad una trentina di minuti dalla sede di Billancourt. È in questo posto fortemente protetto che si pensano, realizzano e testano tante innovazioni della Marca Renault e si inventano i modelli del futuro. Un concentrato di materia grigia che riunisce 12.000 ingegneri, designer e tecnici. Chiedo che tutti i progetti in corso di sviluppo siano raggruppati nello stesso edificio. Tra questi ci sono due piccole auto destinate ai mercati internazionali e un grosso modello elettrico. Ma devo confessare di non essere pienamente soddisfatto. Mi rendo conto che sarà necessario procedere al completo rifacimento della gamma. Poi all’improvviso, mentre avanzo nell’edificio, vedo un mock-up a grandezza naturale, che assomiglia terribilmente ad una R5. Impossibile non vederlo, con quel colore arancione fluorescente! Mosso da curiosità, chiedo ai miei interlocutori del Technocentre: «E questo cos’è?». «Ė solo il lavoro sperimentale di un designer, François Leboine, un esercizio di stile», mi rispondono. Ciò non toglie che il responsabile del Design del Gruppo, con una certa scaltrezza, l’ha piazzato in un punto dove era certo che lo avrei visto. «Ė una proposta per una piccola auto elettrica – mi viene precisato – ma è stata scartata, perché l’azienda non vuole lanciarsi nel retro-design.»  Guardo a lungo l’oggetto. A me sembra chiarissimo. E immediatamente prendo la decisione. «Ė esattamente ciò che dobbiamo fare! Cercare di mettere questo design su una piattaforma con quattro ruote. Dev’essere un’auto 100% elettrica. Faremo la Renault 5!»

Certo, prendendo questa decisione, penso al successo del rilancio della Cinquecento, che ho avuto la gioia di condurre da Fiat nel 2007. Un successo planetario! Ma non è certo la mia unica fonte di ispirazione, anzi… Tutti i grandi costruttori automobilistici hanno, nella loro gamma, uno o più modelli che, più di altri, rappresentano il loro DNA. Sono i loro classici. Tra questi Renault annovera la 4L, la R5, Twingo, Espace e Kangoo. Alcuni, come la VW Golf e la Mercedes Classe S, evolvono con il passare degli anni, senza mai scomparire dalla gamma. Altri, come la 500 e la Mini, tornano alla ribalta dopo essersi eclissati a lungo. E funziona quasi sempre.

Nella sua prima vita, la Renault 5 ha segnato la storia della Marca. Scommetto che ha tutte le carte in regola per farlo una seconda volta. C’è un parallelismo con quanto sta accadendo oggi che salta agli occhi. Negli anni 1970, è lei che ha permesso all’azienda di riprendersi dopo la crisi petrolifera e di aver successo nella transizione verso il risparmio energetico. Erano i tempi in cui si temeva che il petrolio potesse scomparire o, perlomeno, scarseggiasse e quindi diventasse molto caro. Una cinquantina d’anni dopo, la nuova Renault 5 deve diventare il simbolo di un’altra ripresa, quella che proietterà Renault dritta dritta nel ristretto club dei campioni dei veicoli elettrici.

 

Accessibile, ma trendy

Quest’intuizione mi porta a fare un viaggio a ritroso nel tempo, alle origini di un’auto diventata un cult. Per conoscerla meglio e trarne meglio ispirazione.  

 Nel 1972, anno del lancio della Renault 5, io vivevo in Africa. Avevo cinque anni, ma già tutto ciò che aveva le ruote mi appassionava, volevo farne la mia professione. Per la mia famiglia esisteva solo la Fiat. Mi ricordo che la mamma aveva una Fiat 127, l’antagonista della R5. Ma, visto che frequentavamo molto gli ambienti francofoni, avevo notato che le madri dei miei amici francesi, invece, avevano la Renault 5. A dire il vero, ero un po’ troppo piccolo per cogliere la portata di tutto questo. È solo qualche anno dopo, con il senno di poi, che ho scoperto la genialità di quest’auto. Così tante innovazioni e audacia in soli 3,52 metri… pazzesco! Un’auto che sprizza modernità da tutti i pori, incarna lo spirito degli anni 1970, è l’allegoria della pop art. Con quel “faccino” simpatico, colori acidi, sedili in skai arancione lucido, carrozzeria a 3 porte, paraurti in plastica, protezioni laterali mai viste, maniglie integrate nelle porte…

 La piccola Renault aveva subito imposto un nuovo concept: quello dell’auto accessibile ma “trendy”, un termine che a quei tempi non si usava ancora. Al tempo stesso pratica e fantasiosa, utile e gratificante per chi la guidava. A me ricordava un po’ una R16 in miniatura, quella grande familiare giunta sul mercato nel 1965 che, molto prima della Golf, aveva fatto innovazione con il suo portellone posteriore che le conferiva un look a metà strada tra berlina e station wagon. Proprio come il modello precedente, la R5 era dotata di questa preziosa caratteristica che ampliava il bagagliaio, facilitandone l’accesso. Avere una R5 non diceva molto sul tenore di vita del proprietario. Ma diceva molto sul suo stile di vita. Per la prima volta, rivoluzione copernicana… lo standing del veicolo non era correlato alle sue dimensioni.

Bisognava osare per immaginare un cocktail così! E avevano osato. Tanto per cominciare, il designer, Michel Boué, uno dei dieci stylist dello studio Renault. Una persona discreta, che fino ad allora non aveva «realizzato nulla di notevole e nessuna delle sue idee è stata adottata», secondo il responsabile dell’Ufficio Studi di quei tempi. Si poteva sperare in un miglior esordio… ma Boué era un uomo appassionato e un discepolo di Raymond Loewy, pioniere del design industriale. Il mantra di questa star franco-americana era: «Ugliness does not sell» (la bruttezza non vende). La sua ossessione era quella di conciliare estetica e praticità. I suoi principali clienti erano Shell, Coca-Cola, Studebaker, Lucky Strike… Con questa fonte di ispirazione, Michel Boué aveva presentato, il 26 aprile 1967, due schizzi per il progetto top secret 122. C’erano già tutti gli ingredienti. Look squadrato, portellone posteriore, calandra da “monella”, ampie superfici vetrate… L’autore di questo colpo da maestro la descriveva come «un piccolo oggetto dalle forme flessuose, in armonia con l’estetica femminile». Audace, ma preveggente. Le donne volevano emanciparsi e andare a lavorare, si sentiva il bisogno di una seconda auto in famiglia. Cosa più unica che rara, il modello svelato quel giorno è stato quasi subito approvato. Buona la prima! Per andare dritto allo scopo, il designer si era basato su un’altra innovazione di Renault, il Renaultrama, che consentiva di vedere il modello in scala 1/5 in condizioni di guida, con un paesaggio che gli scorreva dietro. Insomma, una specie di realtà virtuale ante litteram!

Un altro uomo che si è assunto dei rischi è il capo dell’epoca, Pierre Dreyfus. Avendo trovato subito la nuova piccola auto “divertente e simpatica”, si era detto “bingo!” Quest’entusiasmo si era diffuso in tutti i team della Régie che hanno dato vita al progetto. Perché, tra le altre doti, la R5 aveva anche quella di “galvanizzare le truppe”.

 

Per dieci anni al top

Questo conferma la mia idea che un’auto può avere carisma. Un caso unico, a mia conoscenza, nel mondo dell’industria. Un mix di seduzione e convinzione. Quella dote indescrivibile che distingue dalla massa la persona (in questo caso, l’oggetto) che ce l’ha. È un tema più che mai attuale nel nostro settore, soggetto a tante questioni esistenziali. Dobbiamo porci la domanda: come si può far ancora sognare con un volante e quattro ruote? Come far innamorare dell’auto le nuove generazioni? Come conciliare passione e nuovi vincoli ambientali? 

La prima R5 è stata, in tutto questo, una magnifica fonte di ispirazione. Ha saputo rompere gli schemi, restando entro i limiti finanziari previsti. Sarebbe stato facile fare la seduttrice con un budget illimitato. Ma non è stato così. La piccola city car ha dovuto farsi furba. Lo stile era rivoluzionario, ma la meccanica tradizionale. Motore in posizione longitudinale e non trasversale, barre di torsione trasversali al posteriore, piattaforma ripresa dalla 4L, vetri dei finestrini piatti, più facili da lavorare.

La Renault 5 è stata innovativa anche da un punto di vista industriale. È stata la prima a trarre vantaggio da due progressi tecnologici che avrebbero rivoluzionato l’industria automobilistica: il computer-aided design (CAD) e l’installazione dei primi robot industriali nel sito pilota di Flins. È stato, così, possibile contenere i costi di sviluppo e concentrare gli investimenti sul glamour.  

Scommessa vinta perché, in breve tempo, le vendite hanno spiccato il volo. Già nel 1973, avevano superato le 100.000 unità, permettendo di conquistare il 5° posto sul mercato. L’anno successivo, la R5 si è attestata come auto più venduta in Francia, e lo è restata per circa un decennio! Finché una certa 205 ha fatto capolino. In totale, fino a quando è stata ritirata dal mercato nel 1985 (pure questa l’ha azzeccata… con la sua ultima pubblicità: «Addio mondo crudele!»), sono stati venduti 3,5 milioni di unità. Cifre spropositate!

Per raggiungere questo risultato mirabolante, la piccola Renault – ed è anche questo che mi piace di lei – ha dovuto lottare come una leonessa. Si è incessantemente rimessa in discussione, ha testato nuove versioni e aperto nuove strade. La TS con i sedili integrati traforati, la potentissima Alpine, la Turbo body-builder con motore centrale e parafanghi mostruosi, la berlina con passo più lungo e bagagliaio posteriore classico per il mercato spagnolo, la TX con finiture curatissime, la cinque porte, la “Le Car” per il mercato americano. E persino una versione elettrica – già allora! – sviluppata in collaborazione con EDF: batterie al piombo, 80 km/h di velocità massima, 110 chilometri di autonomia.

Di tanto in tanto, ha fatto un passo falso. Ma poco importa! Si ha pur diritto a sbagliare e poi è ripartita all’attacco con un nuovo armamentario. Tutta quest’audacia si ritrovava nelle sue pubblicità, che facevano appello al senso dell’umorismo e ai disegni. Una novità assoluta, per quei tempi, nel mondo delle automobili. Occhi al posto dei fari, bocca al posto della targa: un antropomorfismo stupefacente!

La Renault 5 è stata tutt’altro che una bambina viziata: nata un anno prima della crisi petrolifera del 1973, è cresciuta con la fine dei Trent’anni Gloriosi. Molti modelli europei non ce l’hanno fatta a resistere a questo cambiamento quasi epocale. Ma lei sì! Lei ha addirittura permesso all’azienda di cavalcare la crisi. A riprova della sua reattività, una versione GTL è uscita nel 1976. Progettata per ridurre al minimo i consumi, è stata la prima auto a scendere sotto la soglia simbolica dei 5 litri per 100 km.

Tanta scena - devo ammetterlo - ha scatenato invidia e gelosie. In Italia, ma non solo!  So di tanti concorrenti che avrebbero pagato un occhio della testa per intrufolarsi nella “tana” della R5 per carpirne i segreti.

 

Discendenza naturale

Oggi me la immagino, dall’alto del suo Olimpo, guardare con tenerezza e passione la sorellina elettrica che muove i primi passi e dirle, come in una pubblicità dell’epoca: «Renault 5, une sacrée famille»! (che splendida famiglia). Questo legame naturale rafforza la mia convinzione. Avanti tutta!

Prima di lasciare Guyancourt, il 2 luglio 2020, chiedo ai team di trasformare il mock-up arancione in una vera auto il prima possibile. Ciò significa apportare qualche modifica, ma è chiaramente fattibile. Durante l’estate, scopro i primi bozzetti su uno schermo. Ad ottobre, è già bell’e pronta. I designer di Laurens van den Acker e gli ingegneri di Gilles Le Borgne hanno raccolto la sfida andando alla velocità della luce. Senza dimenticare il contributo di Gilles Vidal, che ha assunto la direzione del design Renault a novembre. Non si può certo rallentare il ritmo. La posta in gioco è talmente alta che bisogna ridurre drasticamente i tempi di sviluppo in genere necessari per i nuovi modelli.

Voglio fare della nuova Renault 5 la colonna portante della nostra gamma elettrica. Infatti, quando presento il piano Renaulution, il 14 gennaio 2021, il modello, che era già pronto a livello di concept-car, è già sul palco alle mie spalle. L’ho scelto come simbolo della nuova strategia del Gruppo. Ed erano passati solo sei mesi da quando gli ingegneri avevano ottenuto il via libera il 2 luglio! Per quanto possa sembrare incredibile, si tratta proprio dell’auto la cui produzione di serie sarebbe cominciata nel 2024!

Lo avevo già constatato con il ritorno della Fiat 500, alcuni prodotti sono magici. Non c’è bisogno di parlarne per settimane, sono tutti d’accordo su cosa bisogna fare. E si fa ciò che bisogna fare. Non ci sono tempi morti. Quando i team fanno rivivere un’auto che ha lasciato così bei ricordi, ci mettono tanto amore. È un buon segno per il futuro, perché il cliente vede e riconosce tutto quest’amore nell’auto.

Giorno dopo giorno, seguo la nascita con passione. Questa è la mia natura più profonda: mi interessa ogni minimo dettaglio dei nuovi modelli. Sono un freak, vado pazzo per i prodotti. Ho fatto il giro della nuova R5 decine di volte durante la sua evoluzione, osservandola in modo quasi ossessivo. Sessioni intensive e critiche che hanno portato a piccoli e grandi cambiamenti. Come, ad esempio, la leva del cambio al volante, di cui sarà possibile scegliere il colore liberamente. Mi sono ispirato alle custodie dei rossetti per imporla! Uno dei miei pallini è accertarmi che il design dell’auto sia identico al concept iniziale. Secondo me, è l’unico modo per vendere un sogno diventato realtà. Me ne sono occupato personalmente e questo ci ha permesso di mantenere il piccolo indicatore di ricarica montato sul cofano anteriore. 

Uno dei momenti più emozionanti di questi tre anni di sviluppo è stato quando ho potuto prendere il volante per la prima volta. Il 3 luglio 2023, tre anni esatti dopo la mia prima visita al Technocentre, sono stato invitato a guidarla ad Aubevoye, su uno dei nostri circuiti di prova, ad un centinaio di chilometri da Parigi. Nessuno poteva riconoscerla perché era nascosta dal camouflage. Mi metto al volante affiancato da uno degli ingegneri responsabili del progetto. Felicità allo stato puro! Le prestazioni e le sensazioni di guida sono spettacolari. Faccio i complimenti al mio copilota di quel giorno. La sua risposta non manca di umorismo. «Ė la macchina del capo, non si potevano certo fare errori!»  Senti, senti… Renault sta forse tornando ad essere l’azienda umana, simpatica e alla mano che è sempre stata, soprattutto nei periodi di maggior gloria? Lo speravo ardentemente. E ho pensato che far rivivere un’auto cult avrebbe aiutato. Siamo sulla buona strada!

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