Cookie Consent by Free Privacy Policy website Vitra Design Museum: "Night Fever. Designing Club Culture 1960, Today"
febbraio 07, 2018 - Vitra Design Museum

Vitra Design Museum: "Night Fever. Designing Club Culture 1960, Today"

17 marzo – 9 settembre 2018

Nightclub e discoteche sono epicentri della cultura pop. Luoghi in cui, dagli anni Sessanta, si è radunata l’avanguardia per mettere in discussione le norme sociali ed esplorare diversi livelli del reale. Molti club erano opere d’arte globali in cui si fondevano #architettura d’interni e #design di mobili, grafica e #arte, luce e musica, moda e performance. »Night Fever. Designing Club Culture 1960 – Today« è la prima #mostra completa sulla storia del #design e della cultura del nightclub. Gli esempi vanno dalle discoteche italiane degli anni Sessanta, realizzate da esponenti del Radical #design, al leggendario Studio 54, frequentato abitualmente da Andy Warhol – dal Palladium di New York, progettato da Arata Isozaki, fino ai concept di OMA per un nuovo Ministry of Sound a Londra. Oltre a mobili, modelle e moda, la #mostra comprende rari documenti cinematografici, esempi musicali, graphic #design e posizioni contemporanee di artisti e fotografi come Mark Leckey, Chen Wei o Musa N. Nxumalo. Completata da estese installazioni con musica ed effetti luminosi, »Night Fever« rapisce il visitatore in un affascinante viaggio attraverso subculture e mondi glamour.

La #mostra »Night Fever« inizia con le discoteche degli anni Sessanta, che per la prima volta offrirono spazi per sperimentare con #architettura di interni, nuovi media e stili di vita alternativi. Vi sono i luoghi della subcultura newyorchese, quali l’Electric Circus (1967), progettato dall’architetto Charles Forberg e dal famoso studio Chermayeff & Geismar. Con il suo carattere multidisciplinare, esso influenzò anche i club europei, tra cui lo Space Electronic a Firenze (1969), concepito dal collettivo Gruppo 9999 e tra le tante discoteche nate dalla collaborazione con architetti del Radical #design italiano. Tra questi si annoverava anche il Piper (1966) di Torino, lo spazio multifunzionale concepito da Giorgio Ceretti, Pietro Derossi e Riccardo Rosso, che con i suoi mobili modulari non solo faceva ballare, ma si prestava ottimamente anche per concerti, happening e teatro sperimentale. Il Bamba Issa (1969), una discoteca toscana sulla spiaggia di Forte dei Marmi ideata dal Gruppo UFO, era essa stessa un art theater: qui tutto l’interior fungeva da palcoscenico. Nei tre anni di esistenza, ogni estate veniva trasformata secondo un nuovo tema.

Negli anni Settanta, con l’ascesa del movimento disco, la cultura dei club ebbe nuovo impulso. La disco music diventò un genere a sé stante, il dancefloor offriva un palcoscenico per performance individuali e collettive, creatori di moda come Stephen Burrows o Halston fornivano gli outfit giusti per uno stile sfavillante. Lo Studio 54, aperto a New York da Ian Schrager e Steve Rubell nel 1977 e con gli arredi firmati dall’architetto Scott Romley e dall’interior designer Ron Doud, divenne un luogo d’incontro molto amato dagli idoli del culto delle celebrità, allora ai primordi. Soltanto due anni dopo, il film »Saturday Night Fever« segnò il culmine della commercializzazione del movimento disco. I contromovimenti come il Disco Demolition Night di Chicago (1979) diedero voce a tendenze reazionarie, in parte caratterizzate da omofobia e razzismo. 

Maggiori informazioni nel comunicato stampa da scaricare