Cookie Consent by Free Privacy Policy website Nidhal Chamekh BURN - Metempsicosi - da Primo Marella Gallery
febbraio 16, 2016 - Primo Marella Gallery

Nidhal Chamekh BURN - Metempsicosi - da Primo Marella Gallery

Alcuni popoli e civiltà hanno la consuetudine di bruciare le spoglie dei propri defunti.
Anche i Greci lo facevano: il loro rito permetteva all’anima, guidata dal dio Hermès, di effettuare il proprio viaggio negli Inferi e nell’Aldilà. Oppure, di reincarnarsi, secondo altre credenze, come l’Orfismo od il Platonismo. Solo la cenere rimane quale traccia e memoria: un lutto che accompagna le parole di coloro che restano. Poemi epici e tragedie, forse non sono che le ceneri dalle quali rinasce e sopravvive tutta la civiltà che ha fondato e determinato la storia dell’Occidente.

Le creazioni di #nidhalchamekh adempiono a qualcosa di simile anche se non in modo identico. Le sue opere interpretano e mettono in scena un’altra memoria, che vuole essere più autentica. Riprendono la testimonianza - tracce e cenere - dei diversi avvenimenti storici per ridonare loro uno sguardo più mirato e promettere la giustizia. Dal tratto e dal disegno all’esecuzione ed alla collocazione, un lavoro minuzioso e uno sforzo incessante vengono svolti per accompagnare la memoria nella sua trasformazione e nelle sue passioni. Ed in questo passaggio lo sguardo si trasforma, noi non vediamo più soltanto le opere ma sono esse che iniziano a “guardare” noi. Vale a dire che esse ci riguardano e riconfigurano il nostro spazio e la nostra memoria: esse creano un altro mondo e un’altra storia.

Il busto sorridente d’Annibale ci guarda. Ci accoglie in una tonalità diversa da quella che l’ha segnato durante tutta la storia europea attraverso la scultura originale scoperta a Capua e attribuita allo stratega e grande uomo politico cartaginese. Un sorriso ironico che #nidhalchamekh ha saputo posare sulle labbra di un viso che è sempre stato temuto, trasformando ad un tratto la distanza che metteva lo spettatore così lontano da questo nemico dell’impero romano. In tal modo, egli rimette in discussione tutte le distanze che l’Europa, erede di Roma, mette attualmente tra sé e gli altri – fra costoro figurano i migranti nord-Africani, discendenti di Annibale. Il sorriso ironico destabilizza il rapporto stereotipato che una certa tradizione ha tentato d’imporre per dei secoli. E questo sorriso è posto sul confine, tra dentro e fuori e dentro, alle spalle del mar Mediterraneo e di fronte ad un Ufficio Immigrazione (Transmigration). Sorriso posto al limite ogni volta vietato ed ogni volta violato che accompagnerà in maniera perentoria ogni osservatore dell’esposizione e lo obbligherà a spostare le proprie tracce ed i propri ricordi.

 

 

Sullo sfondo di un confine ove si sciolgono la storia antica e quella moderna e dove la medesima stessa perde i suoi punti di riferimento, la serie dei tre grandi disegni di #nidhalchamekh riprende i tre scatti fotografici dell’assassinio del giovane militante e poeta Fadhel Sassi, durante le rivolte del pane in Tunisia nel 1983.
Su tele bianche - come uno schermo cinematografico - l’artista ha proiettato l’istante della morte sovraesponendo il corpo disteso allo sguardo, trasformando questo momento tragico nella creazione di un eroe, ma anche rendendo testimonianza della violenza inaudita propria dei regimi dispotici di questi paesi del Mediterraneo. Il martire diventa il ricordo di una lotta per una vita dignitosa e per la giustizia (ed anche ricordo) delle disillusioni, che hanno tutti coloro che passano e quelli che arrivano sul suolo europeo. I disegni ci mettono di fronte a delle immagini dove il tempo - e paradossalmente l’istante stesso della morte - si apre a nuove interpretazioni. Esattamente come i fotogrammi di un film. Ma la grana del film questa volta è la polvere del pane bruciato, come cenere che porta a immaginare e a vivere una storia piena di speranze, di sacrifici e di violenza. Come le anime dei morti che passavano dagli inferi e il fiume del Styx, N C rappresenta i ricordi dei migranti nel loro periplo marino e terrestre.

Nelle opere realizzate con il neon possiamo leggere in un arabo molto idiomatico delle parole che esprimono la passione e i dolori che segnano gli esuli nel loro viaggio: “Francia tu mi hai trattato male!” e “Al fuoco!”. La prima espressione è trascritta nei colori della bandiera francese e #mostra ciò che canta la memoria collettiva di coloro che soffrono mentre attraversare terre straniere e a volte ostili. Quanto alla seconda parola “Al Fuoco” (El Hargah) esprime il gesto stesso di un lutto, simbolizzato dalla distruzione delle carte d’identità di coloro che poi attraversano il mare verso l’Europa in maniera clandestina. La parola “Al Fuoco” ( El Hargah) illuminata nell’acquario è forse la traccia nitida, bruciante, di una trasmigrazione dell’essere più profondo di ciascuno. Nell’oscurità di un mondo sempre più piccolo, dove si abolisce la vicinanza, dei punti s’illuminano nel fondo dell’abisso che si dovrebbe attraversare a nostro rischio e pericolo.

E cosa rimane della memoria dopo la cremazione? Una promessa di memoria. Forse.
Nella serie di disegni “Mémoire promise” (Memoria promessa) il tratto si offre ogni volta affievolendosi e sdoppiandosi ed intensificandosi in una specie di sovraesposizione fino all’osso.
Attraverso membra sezionate e misurate, frammenti di testi incompiuti e antiche foto di colonie, la memoria non arriva più a ricostituirsi in una figura unica. Essa si nasconde, vive ormai mescolata a rotture ed oblio. Essa vacilla tra fantasmi allucinatori da un lato ed una volontà accanita e ipervigilante, di dissezione anatomica - la presenza delle mani non può che riflettere la volontà d’insegnamento, di apprendimento, ma anche una auto-riflessività di tale insegnamento attraverso la sezione della figura della mano. Gli occhi fuori dalle orbite e talvolta aperti provano a ridare allo sguardo il proprio senso o promettono una giustizia. Ad ogni modo, lo spettatore si vede portato verso un cambiamento della prospettiva in un altro modo di vedere. Attraverso le sue opere Nidhal riprende la sua visione e la sottomette a delle prove ed a esperienze diverse: egli l’aggiusta e l’adatta. E tale adattamento contiene in sé il massimo della volontà politica.
Non è soltanto un atteggiamento estetico. Ma un aggiustamento, che è esso stesso anche lotta per la giustizia: per un rapporto più giusto con l’altro e con il mondo.

Arafat Sadallah

Nidhal Chamekh
BURN
- Metempsicosi -


Des peuples et des civilisations ont pour coutume d’incinérer les dépouilles de leurs défunts. Les Grecs en faisaient de même : leur rituel permettait à l’âme, guidée par le dieu Hermès, d’accomplir son voyage dans les enfers et l’au-delà. Ou bien, de se réincarner, selon d’autres croyances comme l’orphisme ou le platonisme. La cendre, elle, reste là comme trace et mémoire ; un deuil, qui accompagne désormais les paroles des survivants. Poèmes épiques ou tragédies, ne sont peut-être que les cendres dans lesquelles renait et survit toute la civilisation qui a fondé et déterminé l’histoire de l’Occident.
Les créations de #nidhalchamekh accomplissent quelque chose de semblable quoique non identique. Ses œuvres installent et mettent en place une autre mémoire, qui se veut plus authentique. Elles reprennent le témoignage (traces et cendres) de différents événements historiques pour leur redonner un regard plus ajusté et leur promettre la justice. Du trait et du dessin, à la facture et à la mise en espace, un travail minutieux et un effort incessant sont accomplis pour accompagner une mémoire dans sa transformation et ses passions. Et dans ce passage le regard se transforme, nous ne regardons plus seulement les œuvres mais elles commencent à nous regarder. C’est-à-dire à nous concerner et à configurer notre espace et notre mémoire : à faire un autre monde et une autre histoire.
Le buste d’Hannibal souriant nous regarde. Il nous accueille dans une tonalité différente de celle qui l’a marquée durant toute l’histoire européenne à travers la sculpture originale découverte à Capoue, et attribuée au stratège et grand homme politique carthaginois. Un sourire ironique que #nidhalchamekh a su poser sur les lèvres d’un visage qui a été toujours craint, transformant d’un coup la distance qui mettait le spectateur si loin de cet ennemi de l’empire romain. Il remet ainsi en question toutes les distances que l’Europe, héritière de Rome, met actuellement entre elle et ses autres (parmi lesquels figurent les migrants nord-africains, descendants d’Hannibal). Le sourire ironique déstabilise le rapport figé à l’autre, qu’une certaine tradition a tenté d’imposer durant des siècles. Et ce sourire est installé au seuil, entre dehors et dedans, dos à la mer méditerranéenne et face à un bureau des frontières (Transmigration). Sourire posé à la limite, chaque fois interdite et chaque fois transgressée, qui accompagnera décidément tout spectateur de l’exposition et l’obligera à déplacer ses marques et ses mémoires.

Sur le fond d’un seuil où se liquéfie l’histoire ancienne et moderne, et où elle perd ses repères, la série des trois grands dessins de #nidhalchamekh reprenant les trois clichés du moment de l’assassinat du jeune militant et poète Fadhel Sassi, lors des révoltes du pain en Tunisie en 1983. Sur des toiles blanches (tel un écran cinématographique), l’artiste a projeté l’instant de la mort en surexposant le corps étendu sur le regard en faisant de ce moment tragique l’institution d’un héros, mais aussi le témoignage d’une violence inouïe propre aux régimes despotiques de ces pays du sud de la méditerranée. Le martyre devient la mémoire d’une lutte pour une vie digne et une justice et aussi de désillusions, que portent tous les passants et les arrivants dans le sol européen. Les dessins nous placent face à des images où le temps, -paradoxalement c’est l’instant même de la mort-, s’ouvre à de nouvelles interprétations. Tout comme dans les images filmiques. Mais le grain du film cette fois est la poudre du pain brulé, en tant que cendre donnant à voir et à vivre une histoire pleine d’espérances, de sacrifices, et de violence.
Comme les âmes des morts qui passaient par les enfers et le fleuve du Styx, #nidhalchamekh poursuit les mémoires des migrants dans leur périple marin et terrestre. Dans ses œuvres en néon nous pouvons lire en un Arabe très idiomatique des paroles qui disent la passion et les douleurs de celles qui marquent les exilés dans leur voyage : « France tu m’as malmené ! » ou « Brûlage ». La première expression sombre dans les couleurs du drapeau français et donne à voir ce que chante la mémoire collective de passants qui peinent à traverser des terres étrangères et parfois hostiles. Quant à la deuxième parole « Brûlage » [El Hargah], elle dit le geste même d’un deuil de soi, symbolisé par l’incinération des papiers d’identité de ceux qui traversent la mer vers l’Europe clandestinement. Le mot illuminé dans l’aquarium est peut-être la trace brûlante d’une transmigration de l’être le plus profond de tout un chacun. Dans l’obscurité d’un monde de plus en plus restreint, où la proximité s’abolit, des jalons s’illuminent au fond de l’abîme qu’on devrait traverser à nos risques et périls.
Et que reste-t-il de la mémoire après son incinération ? Une promesse de mémoire. Peut-être. Dans la série de dessins « Mémoire promise » Le trait s’offre à chaque fois en s’abritant, en se dédoublant et en s’intensifiant dans une sorte de surexposition jusqu’à l’os. A travers membres disséqués ou mesurés, fragments de textes inachevés, anciennes photos de colonie, la mémoire n’arrive plus à se reconstituer dans une figure unique. Elle s’éclate, elle vit désormais, entremêlée de ruptures et d’oublis. Vacillant entre, d’un côté, fantasmes hallucinatoires ; et de l’autre, une volonté, acharnée et hypervigilante, de dissection anatomique (la présence des mains ne peut que refléter la volonté de maîtrise, d’appréhension, mais aussi une autoréflexivité de cette maîtrise à travers la découpe et dissection de la figure de la main). Les yeux exorbités et parfois ouverts essayent de redonner au regard sa justesse ou lui promettent une justice. En tout cas, le spectateur se voit entrainé vers un changement de la perspective en un autre mode de vision. A travers les œuvres de #nidhalchamekh il reprend sa vision et la soumet à des essais et expériences différentes : il l’ajuste. Et cet ajustement est en soi ce qu’il y a de plus politique. Ce n’est pas seulement un état esthétique. Mais un ajustement qui est aussi une lutte pour la justice : pour un rapport plus juste à l’autre et au monde.
Arafat Sadallah

www.primomarellagallery.com